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Disfagia e acalasia: quando deglutire diventa impossibile

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Disfagia e acalasia: quando deglutire diventa impossibile

Mangiare e bere sono gesti quotidiani e scontati, eppure, per chi soffre di disfagia, diventano un grosso problema, talvolta impossibile. Parliamo genericamente della disfagia: la difficoltà a deglutire, il senso di blocco dietro lo sterno, il cibo che “va di traverso”, il nodo in gola e i rigurgiti notturni sono tutti sintomi spesso raggruppati, ma che possono nascondere diverse patologie dell’esofago, tra cui l’acalasia, una rara condizione che compromette il normale transito del cibo verso lo stomaco.

Acalasia – dal greco a-khalasis, ossia “mancato rilasciamento” – è caratterizzata proprio da un difetto di apertura dell’esofago e viene spesso diagnosticata con ritardo. Questa condizione, però, può incidere pesantemente sulla qualità di vita di chi ne soffre. Quali sono le cause? Come si arriva a una diagnosi corretta? E quali sono oggi le opzioni terapeutiche più efficaci?

Di tutto questo, ne parliamo con il Professor Renato Salvador, chirurgo presso la Chirurgia Generale 1 (centro di riferimento per le malattie dell’esofago) dell’Azienda Ospedale-Università di Padova e professore associato di Chirurgia presso il Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell’Università di Padova.

Disfagia: un sintomo da non sottovalutare

D: Professor Salvador, iniziamo dalla disfagia: cos’è esattamente e quali segnali dovrebbero spingere il paziente a indagarne le cause?

“La disfagia consiste nella difficoltà a deglutire, e quindi nel corretto transito del bolo alimentare dalla bocca allo stomaco. Può comparire con i cibi solidi, ma anche con quelli liquidi. Quando coinvolge il tratto faringeo, può portare anche a veri e propri fenomeni di inalazione di cibo nelle vie respiratorie.

Quando questo disturbo compare settimanalmente, il paziente deve recarsi dal proprio medico di medicina generale, che dovrà valutare la situazione e inviare il paziente a eseguire accertamenti mirati.”

Come si diagnostica l’acalasia nei pazienti con disfagia?

D: L’acalasia è una patologia spesso confusa con altre forme di disfagia. Ci sono differenze nei sintomi? Come si arriva alla diagnosi rispetto ad altri disturbi esofagei?

“Essendo una malattia rara, l’acalasia viene spesso sospettata solo per esclusione di altre patologie esofagee, come l’ernia iatale, la malattia da reflusso gastroesofageo o le stenosi peptiche. I sintomi, purtroppo, sono simili in molte patologie esofagee, ed è difficile differenziarli per sospettare con certezza una diagnosi di acalasia.”

D: Che incidenza ha l’acalasia e quali sono i meccanismi eziologici alla base?

“L’acalasia esofagea è il disordine motorio primitivo più frequente: ha un tasso di incidenza di circa 0,6–1 casi ogni 100.000 persone all’anno ed è categorizzata come malattia rara. L’eziologia è ancora sconosciuta, ma vi sono diverse teorie sulle quali si stanno concentrando numerosi studi. Le ipotesi più probabili coinvolgono fattori genetici e autoimmunitari.

Il disordine fisiopatologico di base è rappresentato dal mancato rilasciamento post-deglutizione dello sfintere esofageo inferiore e dalla perdita completa della peristalsi (cioè delle contrazioni) del corpo esofageo. L’acalasia può manifestarsi a qualunque età e colpisce in egual misura uomini e donne.”

D: Quali sono i criteri diagnostici attuali per l’acalasia?

“Il primo esame da eseguire in caso di disfagia è sicuramente l’esofagogastroduodenoscopia, utile a escludere la presenza di una patologia maligna. Questo esame consente anche di valutare eventuali diverticoli o stenosi infiammatorie. È fondamentale eseguire sempre la biopsia, per chiarire la natura della stenosi, ad esempio se dovuta a reflusso gastroesofageo o a esofagite eosinofila.

Nel caso in cui la gastroscopia risulti nella norma, non bisogna fermarsi: è necessario proseguire con una radiografia del tubo digerente con bario per valutare l’aspetto morfologico della regione. Il classico aspetto a “coda di topo” può far sospettare l’acalasia anche dopo una gastroscopia negativa.

Se rimane il sospetto o manca ancora una diagnosi, il paziente va sottoposto a manometria esofagea. Oggi si utilizza la manometria ad alta risoluzione (HRM), che consente una mappa completa dell’esofago dal faringe allo stomaco, molto precisa per la diagnosi delle patologie funzionali.”

D: Quali sono le principali opzioni terapeutiche per l’acalasia? Esistono linee guida?

“Tutte le terapie sono palliative, nel senso che mirano alla risoluzione dei sintomi, ma non curano la malattia, che è cronica. Proprio per questo, ai pazienti viene riconosciuta un’esenzione codificata (RI0010).

Le tre principali opzioni, tutte con buoni risultati sintomatici, sono:

•Dilatazione pneumatica endoscopica: consiste nella dilatazione del cardias con dilatatori pneumatici introdotti durante gastroscopia. Ottiene risultati positivi nel 60–70% dei casi. Il rischio maggiore è la perforazione esofagea (circa 3%).

•Miotomia endoscopica (POEM): è la più recente tra le terapie. Viene eseguita in anestesia generale, ed è entrata nella pratica clinica da circa 10–12 anni. Mostra ottimi risultati (80–90%) nel medio termine. La complicanza più comune è il reflusso gastroesofageo patologico, che si manifesta in circa il 50% dei pazienti.

•Intervento chirurgico: eseguito per via laparoscopica o robotica, consiste nella miotomia extramucosa sec. Heller (10–12 cm) seguita da una plastica antireflusso, solitamente secondo Dor. I risultati sono ottimi nell’80–90% dei pazienti, anche a oltre 20 anni dall’intervento.”

D: Quali sono le complicanze a lungo termine dell’acalasia non trattata? Che follow-up si raccomanda?

“Una delle principali complicanze è lo sviluppo di un mega-esofago, una deformazione del viscere che può triplicarne le dimensioni. In questi casi, l’efficacia dei trattamenti si riduce drasticamente, rendendo necessaria l’esofagectomia (cioè l’asportazione dell’esofago), un intervento solitamente riservato ai tumori.

Nei pazienti con mega-esofago (end-stage), si consiglia un follow-up endoscopico ogni 2 anni, a causa del rischio aumentato di tumore esofageo legato alla stasi cronica del cibo e all’infiammazione persistente.”

D: La ricerca sulle malattie rare è ancora in cerca di fondi. Ci sono studi in corso sull’acalasia?

“Ce ne sono moltissimi. Tuttavia, essendo una malattia rara, è difficile raccogliere casistiche ampie e fondi adeguati. Questo limita, purtroppo, lo sviluppo di studi clinici su larga scala, nonostante l’interesse scientifico sia in crescita.”

 

 

Dott.ssa Claudia Brattini

Dott.ssa Claudia Brattini

All'esperienza di Farmacista ha affiancato quella della divulgazione scientifica nell'ambito della salute, approfondendo tematiche legate alla specializzazione in nutrizione e chimica degli alimenti. E' Giornalista e ha svolto un master di Comunicazione della Salute & Digital Marketing Sanitario, Giornalismo e Data Journalism.

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