Salute e Benessere
HIV e AIDS: a che punto siamo? Ce ne parla il prof. Pregliasco
Oggi si celebra la Giornata mondiale per la lotta contro l'Aids, un’occasione importante per ribadire gli enormi progressi svolti dalla ricerca ma anche per sensibilizzare sull’importanza della prevenzione e di problematiche come la diseguaglianza nell’accesso alle cure nel mondo e lo stigma sociale ancora associato ai pazienti affetti da HIV.
Ne parliamo con il Prof. Fabrizio Pregliasco, Professore associato di Igiene Generale e Applicata presso la sezione di Virologia del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano, direttore sanitario d’azienda dell’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano, presidente nazionale dell’ANPAS.
Professore, dal 1981 – anno in cui ci fu la prima segnalazione dell’infezione – i traguardi terapeutici hanno cambiato il decorso e l’aspettativa di vita nelle persone che contraggono il virus dell’HIV. Cosa vuol dire quindi essere sieropositivi oggi?
“Certamente le nuove cure sono state determinanti, anche grazie alle somministrazioni a lungo termine che migliorano la compliance della terapia (adesione del paziente ad una terapia). Se è vero che ancora siamo lontani dalla guarigione, i nuovi antiretrovirali offrono una qualità e aspettativa di vita paragonabile al soggetto non infetto. Oltretutto, i farmaci disponibili oggi non conferiscono l’aspetto e l'espressione del viso caratteristici di certi stati patologici, nel caso dell’Hiv il viso scavato per la riduzione della parte grassa.”
Da noi, quindi, la malattia fa meno paura di un tempo, c’è il rischio che si abbassi la guardia e si percepisca l’emergenza in misura minore?
“Da noi 8, 9 persone al giorno si infettano, si è persa la percezione della presenza, come accaduto col Covid, ci si è abituati.
Un tempo, l’HIV si associava all’omosessualità, che combinava due elementi di rischio quali la condizione pluripartner e la maggior pericolosità del rapporto sessuale; in Italia alla tossicodipendenza quindi al contagio tramite siringhe infette; in Africa alla trasmissione sessuale con pluripartner.
Oggi, invece, la gente si infetta e non se ne rende conto: molti sono i giovani perché non temono il sesso non protetto ma ci si contagia anche in fasce di età più elevate. Questo è drammatico perché non se ne accorgono.
Sebbene ci siano cure efficaci, nuove terapie più efficienti e ben tollerate – non di guarigione ma di controllo della malattia – manca la consapevolezza che il rischio comunque c’è.”
In termini di prevenzione cosa si può fare?
“Ancora un parallelismo sul covid: rimarcare che questo virus è ancora in giro e può fare del male”.
A che punto siamo con il vaccino?
“C’è un limite perché non si sta trovando una parte antigenica che sia – un po' come accade per l’influenza – universale rispetto ai sottotipi che circolano nel mondo e anche una risposta intensa, legata alla peculiarità del virus che si inserisce nelle cellule e sparisce alla visione del sistema immunitario finché non prende il via. Ci sono anche grossi problemi a livello economico rispetto alle assicurazioni e all’aspetto gestionale per cui siamo ancora indietro.”
Se vuoi saperne di più sull'HIV/AIDS leggi il nostro approfondimento:
Hiv e AIDS: LE differenze
Vale la pena ricordare che Hiv e Aids non sono la stessa cosa: l'HIV (Human immunodeficiency virus) è un virus che attacca e distrugge, in particolare, un tipo di globuli bianchi - i linfociti CD4 - responsabili della risposta immunitaria dell’organismo.
La conseguenza è un indebolimento del sistema immunitario che non riesce più a combattere efficacemente l’aggressione di patogeni come virus, batteri, protozoi, funghi ma anche tumori.
L'infezione da Hiv può restare silente per anni, senza manifestarsi, l’unico modo attendibile per scoprire se si è stati contagiati è effettuare il test che ricerca gli anticorpi anti HIV, ovvero la sieropositività.
L'AIDS (Acquired immune deficiency sindrome) identifica, invece, lo stadio avanzato e conclamato dell'infezione da HIV. Si manifesta dopo anni dal contagio, in cui l’abbattimento dei linfociti CD4+ predispone all’insorgenza di malattie gravi, infezioni e tumori.
È una sindrome che può manifestarsi nelle persone con HIV anche dopo diversi anni dall’acquisizione dell’infezione, quando le cellule CD4 del sistema immunitario calano drasticamente e l’organismo perde la sua capacità di combattere anche le infezioni più banali (infezioni/malattie opportunistiche).
Scenario attuale dei contagi
Nel 2021 sono state 1.770 le nuove diagnosi di infezione da HIV pari a un’incidenza di 3 nuove diagnosi ogni 100.000 residenti (dati sulle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS in Italia al 31 dicembre 2021 sono pubblicati sul Notiziario Istisan volume 35, n. 11 - novembre 2022).
Le nuove diagnosi da HIV si riscontrano con maggior incidenza nella fascia di età 30-39 anni, a seguire nella fascia 25-29 anni. In queste fasce di età l’incidenza nei maschi è 3-4 volte superiore a quelle nelle femmine. In generale, i maschi rappresentano il 79,5% dei nuovi casi.
Il numero più elevato di diagnosi è attribuibile alla trasmissione sessuale e nell’ordine a maschi che fanno sesso con maschi (MSM), maschi eterosessuali e femmine eterosessuali.
Le cure per l’Hiv
Dal 1981 – anno in cui ci fu la prima segnalazione dell’infezione – i traguardi terapeutici hanno cambiato il decorso e l’aspettativa di vita nelle persone che contraggono il virus dell’HIV. Oggi, infatti, la terapia disponibile ha lo scopo di arrestare la progressiva diminuzione dei linfociti CD4+ che è responsabile della immunodeficienza caratteristica dell'AIDS.
La terapia fu chiamata inizialmente anche HAART (dall'inglese Highly Active AntiRetroviral Therapy) e i farmaci anti-HIV denominati antiretrovirali perché il virus HIV appartiene alla famiglia dei retrovirus.
Oggi la terapia antiretrovirale consiste nella somministrazione di più farmaci specifici, che bloccano la riproduzione del virus nelle cellule, riducendo la quantità di virus che circola nell’organismo.
I regimi raccomandati sono diversi, e vengono periodicamente aggiornati dalle linee guida nazionali ed internazionali sulla base dei risultati di studi clinici disponibili. Affinché la terapia antiretrovirale (anti-HIV) sia definita efficace, è necessario che l'HIV non sia più rilevabile nel sangue.
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