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Cos'è l'orienteering? Intervistiamo l'istruttore Alessio Tenani
L'orienteering è bello: si corre con le gambe ed il cervello
Qual è l'origine dell’orienteering?
“Nasce in Scandinavia verso la fine dell’Ottocento e all’inizio era sugli sci, d’inverno si creavano mappe per gli spostamenti fra città. Oltre alle attività quotidiane si affiancarono delle gare per chi arrivava prima impiegando le mappe. In seguito, si è trasformata in una gara di corsa, con mappa e bussola, in cui vince chi impiega meno a tempo a compiere il percorso stabilito. L’abilità sta nella scelta del percorso migliore. Ad esempio, se leggendo la mappa si intuisce che un percorso nel bosco è particolarmente ripido si opta per il sentiero per raggiungere prima il traguardo. L’Orienteering si può praticare nei boschi ma anche in città o nei parchi, vince sempre chi impiega il minor tempo. Testa e gambe devono sempre lavorare insieme!"
Come si è avvicinato a questa disciplina?
“Questo sport è arrivato prima in Trentino e a Casalecchio negli anni 90, ho iniziato alle scuole Medie a svolgerlo come disciplina sportiva e ho la fortuna di aver coniugato passione e lavoro. Non poteva esserci per me sport migliore di questo che racchiude avventura, corsa, aspetto tattico e possibilità di viaggiare nel mondo.”
In quale modalità si svolgono i corsi?
“Le gare più difficili sono nel bosco ma si inizia con piccoli percorsi, prima in palestra, poi nei piccoli parchi. Noi abbiamo cartografato tutti i parchi e la zona collinare nei pressi della scuola. La mappa è uno strumento universale con simboli, quando si arriva si “timbra” per testimoniare che si è arrivati. All’inizio i percorsi si fanno accompagnati poi acquistando maggiore competenza si può iniziare a svolgerli da soli.”
Qual è l’età migliore per approcciarsi a questa disciplina?
“A partire dai 7-8 anni i bambini hanno le capacità per leggere le mappe ma giochi spaziali si possono iniziare anche prima, verso i 5-6 anni. Per lasciarli, invece, da soli a compiere i percorsi consigliamo dai 9 anni. Ho scritto la tesi proprio su questo argomento ma sono trascorsi vent’anni e noto che in media i bambini oggi sono meno abituati alle attività all’aperto.”
C’è un cambiamento che nota maggiormente nei ragazzi durante l’apprendimento di questo sport?
“Ne noto uno più legato allo sport: anche in chi inizia senza l’idea di fare gare poi piano piano scatta la voglia di mettersi in gioco; l’autostima che il bimbo acquisisce è una metafora di quanto può fare nella vita.
L’orienteering ti pone di fronte due punti, devi raggiungere la meta ma nel mezzo il percorso lo decidi tu.
All’inizio il bambino viene accompagnato ma poi acquisisce la capacità di svolgere il percorso anche da solo e indipendentemente dai risultati quando ci riesce notiamo che sono davvero molto fieri di aver completato il percorso da soli, anche i genitori ci testimoniano che svolgendo il corso dell’orienteering si mettono maggiormente in gioco anche in altre attività. Questo sport ti mette alla prova anche dal punto di vista umano, abbiamo avuto esperienza di bimbi insicuri che con questa disciplina hanno acquisito autostima.”
Approcciare la disabilità mediante lo Sport come mezzo di inclusione sociale è un tema che abbiamo molto a cuore, qual è la sua esperienza in questa disciplina?
"L’orienteering è declinabile in quattro discipline: sci, corsa, bici e la quarta che si chiama di precisione ha la particolarità di racchiudere alla pari disabili e normodotati nella stessa categoria perché si svolge da fermi e consiste nel saper leggere la mappa e riconoscere a distanza alcuni quesiti – le lanterne- correttamente.
In questa categoria non esiste distinzione e comunque in generale è uno degli sport maggiormente inclusivi. Anche in classe, ad esempio, accade che i bambini con minor prestanza fisica riescono a battere bambini che magari sono forti in altri sport e abituati a vincere perché conta molto saper leggere la mappa e non avere fretta nel completare il percorso, non basta solo correre se non sai dove andare!"
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