Salute e Benessere
Contro la violenza sulle donne serve una Doppia Difesa: intervista a Giulia Bongiorno
“Il silenzio fa il gioco dei carnefici”
Il 25 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica su una piaga atroce che, tuttavia, non accenna a spegnersi.
Stando ai dati del report annuale, a fronte di un calo degli omicidi totali negli ultimi quattro anni, si registra però un aumento delle vittime donne e delle violenze sessuali, molte consumate in ambito familiare/affettivo.
Ne parliamo con Giulia Bongiorno, avvocato e presidente della Commissione Giustizia del Senato, dal 2018 Senatrice della Repubblica, deputata dal 2006 al 2013 e Ministro per la pubblica amministrazione nel governo Conte I. Si occupa prevalentemente di diritto penale dell’economia e di reati contro la pubblica amministrazione; nel corso della sua carriera ha difeso personaggi di una certa notorietà, anche appartenenti al mondo politico e a quello sportivo.
Inoltre, l’avvocato Bongiorno è co-fondatrice, al fianco di Michelle Hunziker, di Doppia Difesa. La Fondazione Onlus nasce nel 2007 con l’obiettivo di aiutare le vittime di violenze, discriminazioni e abusi, che non hanno il coraggio o la possibilità di intraprendere un percorso di denuncia. Doppia Difesa, avvalendosi della collaborazione di operatori, psicologi e avvocati, si impegna su molteplici fronti sostenendo e tutelando le vittime di violenza, sensibilizzando la collettività e sollecitando l’adozione di nuove leggi per contrastare il fenomeno.
I dati non fanno che confermare la serietà e gravità della situazione. Sebbene il livello di attenzione sia molto alto, dal punto di vista legale, cosa non sta funzionando come dovrebbe nella gestione di questa emergenza?
"Dal punto di vista legislativo, sono stati introdotti tanti strumenti di tutela. Tra i più recenti, la legge n. 69/2019 – che porta anche la mia firma –, il cosiddetto Codice Rosso: una corsia preferenziale per le donne vittime di violenza, anche domestica. Le donne che chiedono aiuto devono riceverlo subito e, con il Codice Rosso, si è stabilito che devono essere ascoltate entro tre giorni dalla data di iscrizione della notizia di reato. Un passo molto importante, perché le situazioni di stallo nell’avvio delle indagini dopo la denuncia e la connessa sottovalutazione del rischio (con mancata adozione di misure di protezione) possono avere esiti fatali.
Lo scorso 30 settembre il Codice Rosso è stato rafforzato con l’entrata in vigore della legge n. 122/2023, approvata su mia iniziativa: adesso se la vittima di violenza non viene ascoltata entro i tre giorni stabiliti, il procuratore potrà revocare l’assegnazione del fascicolo, dirottandolo su chi è in grado di intervenire subito.
Detto questo, mancano senza dubbio una formazione specifica e una specializzazione su base nazionale dei diversi operatori del settore. Tanti casi di violenza vengono scambiati per semplice “conflittualità familiare”."
Quali sono i segnali concreti che devono metterci in guardia o spingerci a chiedere aiuto per noi stessi o per qualcuno a noi caro che temiamo sia vittima di violenza?
"In una relazione la prepotenza, l’aggressività, la gelosia ossessiva, la pretesa di controllare la vita dell’altro sono atteggiamenti che devono farci mettere in guardia. Da lì il passo alla violenza, psicologica e fisica, può essere davvero molto breve. Per questo raccomandiamo sempre di non sottovalutare certi segnali e di pretendere rispetto, in ogni circostanza. Il punto è che spesso le donne non sono abbastanza consapevoli: è paradossale, ma alcune si vergognano della violenza che subiscono come se le colpevoli fossero loro. E invece, anche se a volte è davvero difficile, bisogna assolutamente trovare la forza di chiedere aiuto e di denunciare. La presenza di figli minori non è un deterrente, semmai – al contrario – un incentivo per rompere il silenzio."
Nonostante la grande attenzione posta sul tema, stando ai dati è ancora troppo bassa la percentuale di denunce. Come lo spiega?
"Innanzitutto molte subiscono violenza senza nemmeno rendersene conto. Hanno la sensazione, più o meno vaga, che si tratti di “qualcosa di sbagliato”, ma non di un reato. Pensano che sia “normale”, si vergognano, hanno paura di essere giudicate o di non essere credute; addirittura, si convincono di essersela cercata, la violenza, e che magari subendo in silenzio eviteranno guai peggiori... specialmente se sono mamme. E purtroppo, non hanno abbastanza fiducia nelle forze dell’ordine.
Il primo passo di chi vuole aiutarle è renderle consapevoli che quello che hanno subìto non è affatto normale e non è nemmeno una questione di famiglia. Spesso si sentono molto sole, dunque è importante sostenerle nel percorso di uscita dalla violenza. Ecco in che senso la difesa che offriamo a chi ci chiede aiuto è doppia: legale e psicologica."
Pensando alla risonanza mediatica di queste tematiche e alla necessità di puntare i riflettori su abusi, violenze e discriminazioni, crede che i media possano occuparsene in maniera differente, rappresentando un mezzo per informare le donne sui propri diritti, anche dal punto di vista legale?
"La violenza di genere affonda le radici in una atavica concezione di disparità nel rapporto tra uomo e donna, una concezione intrisa di stereotipi per effetto dei quali ancora oggi le donne sono considerate oggetti, privi di volontà propria e autodeterminazione. Un serio progetto di divulgazione, in cui personaggi competenti e specializzati illustrano le possibilità di tutela, potrebbe senz’altro essere utile. E fiction come Io ci sono, sul caso di Lucia Annibali, hanno senz’altro un impatto forte."
Come nasce la Fondazione Doppia Difesa?
"La Fondazione è stata creata da me e da Michelle Hunziker nel 2007, quando ancora non esisteva nemmeno la legge sullo stalking. Entrambe avevamo subìto, in forme diverse, discriminazione e violenza e abbiamo deciso di mettere la nostra esperienza al servizio degli altri perché si parlasse di più di un problema sociale gravemente sottovalutato e perché si prendessero misure per contrastarlo in modo più mirato e incisivo. Da lì sono cominciati gli aiuti alle vittime, attraverso il sostegno gratuito – legale e psicologico –, e l’impegno per sollecitare l’adozione di nuove norme: è stato anche grazie al mio impegno che nel 2009 è stata introdotta la fattispecie del reato di atti persecutori. Ma al di là delle leggi, e al di là degli aiuti in caso di violenze, la Fondazione si propone di investire sulle nuove generazioni, con interventi di sensibilizzazione soprattutto nelle scuole: la situazione cambierà solo se sapremo educare i nostri figli all’eguaglianza, al rispetto, alla fiducia e alla comprensione."
In questi anni di “attività” c’è stata una storia che emotivamente l’ha toccata in quanto persona ma soprattutto come donna?
"Ogni donna ha la sua storia, un vissuto di emozioni e sentimenti, dunque non lasciarsi coinvolgere è sempre difficile. In particolare quando si tratta di ragazze molto giovani che perdono la vita... Come Noemi Durini, uccisa a sedici anni dal fidanzato. La storia di Noemi ci ricorda che la battaglia contro la violenza è innanzitutto culturale."
Articolo a cura di Rosa Martucci
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